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Giro, la favola di Aru

Se il Giro d’Italia quest’anno ha parlato soprattutto colombiano, con il primo posto di Nairo Quintana e il secondo di Rigoberto Uran, merita tuttavia la prima pagina anche l’impresa di Fabio Aru, salito sul gradino più basso del podio a 4’04” dal vincitore.

Per lui, anche i complimenti di quest'ultimo: «E' forte in salita, sarà un rivale tosto nei prossimi anni». Partito in sordina, come gregario del più esperto Scarponi, il ragazzo sardo del team professionistico kazako dell’Astana, dopo la caduta e il conseguente ritiro del suo capitano nella tappa di Montecassino, ha saputo prendere in mano le redini della squadra, sfoderando un carattere da veterano e una forza nelle gambe da grande scalatore. Classe ’90, come Quintana, nato a San Gavino Monreale, vicino Cagliari, ma vissuto a Villacidro, Aru era alla sua prima esperienza da capitano al Giro, dopo aver aiutato lo scorso anno il suo compagno di squadra Nibali a salire sul gradino più alto del podio ed aver chiuso con un onorevole, ma non entusiasmante, 42° posto.

Nel Giro di quest’anno, l’esplosione. Due soprattutto le perle da incastonare in quella che si sarebbe rivelata per lui una magnifica cavalcata, iniziata addirittura in Irlanda, a Belfast, il 9 maggio e conclusasi domenica 1° giugno a Trieste: la vittoria nella quindicesima tappa con l’arrivo di Montecampione, dopo aver staccato tutti a tre km dal traguardo, e il secondo posto nella cronoscalata del Monte Grappa dove, unico, riusciva a reggere il ritmo dello scatenato Quintana, primo con 17” di vantaggio. Una sola, leggera defaillance nella tappa successiva, quella durissima del famigerato Monte Zoncolan, nel corso della quale riusciva comunque a gestire le forze, a limitare i danni e a difendere con i denti la sua magnifica terza piazza. Rimane con i piedi per terra il giovane astro nascente del ciclismo italiano e se qualcuno vede già in lui l'erede di Pantani, lui si schernisce, dicendo: «Ho fatto un Giro straordinario, ma devo ancora imparare molto, giorno dopo giorno. Come cambia la mia vita? Per niente. Sono contento di questo risultato che premia il lavoro fatto, ma sono consapevole che devo ancora crescere tanto». L'umiltà giusta dunque c'è, la classe e la forza nei muscoli anche. La speranza è che sui monti del Giro sia veramente nato quello che i suoi fans hanno già ribattezzato “SpettacolAru”. 

 

 

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