L'anno che ci lascia
- Domenica, 30 Dicembre 2018 18:09
- Raffaele Ciccarelli
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Fare il viaggio a ritroso per rievocare un anno calcistico dovrebbe essere impresa più o meno gioiosa, intrisa magari di malinconia con qualche punta di tristezza per chi, inevitabilmente, ci ha definitivamente lasciati.
Farlo per ricordare i momenti salienti del 2018 è oltremodo triste per l’annus horribilis che esso ha rappresentato, retaggio di quel non già felice 2017 culminato con l’eliminazione della Nazionale dal mondiale di Russia 2018.
È appunto a quell’evento che bisogna far risalire tutto quello che è avvenuto in quest’anno in cui, perdendo l’occasione di farlo diventare “anno zero” per una nuova rinascita, l’abbiamo trasformato solo nell’ennesima occasione perduta, dimostrazione di una classe politica (calcistica) che ci governa assolutamente inadeguata. Non si può che iniziare così l’analisi dell’anno che si va a chiudere, perché ne è scaturito un caos istituzionale che ha portato a format di campionati modificati, inizi slittati, squadre che a tornei in corso non sapevano ancora a quale categoria avrebbero partecipato.
Un caos totale parzialmente risolto solo a ottobre, quando si è ritornato a votare eleggendo Gabriele Gravina presidente della Figc, ennesima dimostrazione di come sia una sorta di “burletta” il cast che ci governa, essendo egli stesso già candidato a gennaio quando fu fatto saltare il banco dalla Lega Dilettanti. Questo è stato il male strisciante che ha fatto da filo conduttore a quest’anno, almeno fino a nomina presidenziale avvenuta.
A queste brutture, che purtroppo anche nel nostro mondo contribuiscono a mostrarci quanto moralmente piccole siano certe persone, si è come sempre contrapposto il campo, il pallone, quello di cui veramente vorremmo solo parlare, anche se poi è attraverso lo stesso che le persone di cui sopra, approfittando della passione dei tifosi, utenti e vittime del sistema, riescono a stare al comando.
Il calcio giocato ci ha detto che, in Italia, il dominio della Juventus non conosce limiti e confini, il settimo scudetto di fila, con quarta Coppa Italia consecutiva annessa, ne sanciscono la tirannia, con gli avversari annichiliti dall’ulteriore potenziamento quando dal mercato estivo alla corte bianco nera è giunto Cristiano Ronaldo. Proprio il campione lusitano ci permette l’aggancio all’Europa dove pure non cambia nulla, perché proprio CR7 fa l’ultimo suo regalo al Real Madrid, portando i Blancos alla terza vittoria consecutiva, sperando di poter fare lo stesso anche per la causa bianconera.
Evento centrale dell’anno calcistico è stato, come scritto, il mondiale che si disputava in Russia, con la mancata partecipazione dell’Italia per la prima volta dal 1958 in Svezia. Venute meno man mano tutte le favorite (Argentina, Brasile, Germania, Spagna) con forse meno sforzo del previsto ha prevalso la Francia, forte dei suoi Antoine Griezmann, Kylian Mbappè, Paul Pogba, imponendosi sulla bella sorpresa della Croazia di Luka Modric.
Sostanzialmente questi gli eventi principali di quest’anno, ricordando, in qualche caso con malinconia, in altri con dolorosa tristezza, quanti ci hanno lasciati, da Gigi Radice ad Azeglio Vicini, a Felice Pulici, con il dramma ed il grande dolore provocato dalla dipartita di Davide Astori, giovane capitano della Fiorentina la cui morte, una volta tanto e almeno in quei tristi momenti, ha unificato il mondo del calcio.
Arrivando agli ultimissimi mesi, resta negli occhi e nella mente il finale di anno “triste, solitario y final” di due uomini che, prima supereroi, alla fine si ritrovano a vivere il destino comune di tutti: Gonzalo Higuain e Josè Mourinho. Due vicende che ricordano come, in uno sport che tende a deificare i suoi protagonisti, alla fine sono, restano, siamo, tutti solo uomini.
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