Festa Azzurra
- Lunedì, 11 Luglio 2022 16:34
- Raffaele Ciccarelli
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La magia di quando si è ragazzi, di quando si vive quel periodo spensierato della propria vita che si chiama adolescenza, fa sì che gli eventi vissuti in quel determinato momento restino indelebili nella memoria. Ricordi eterni.
La cadenza circolare del tempo inesorabilmente ripete le date come i compleanni, gli anniversari, e l’11 luglio, quando arriva, nella memoria dei nostrani appassionati di calcio rievoca sempre momenti indimenticabili, irripetibili.
La ricorrenza di quest’anno, poi, è particolare di suo: rappresenta, infatti, il quarantennale della vittoria del mondiale di Spagna, che da quest’anno vede affiancato anche il ricordo della vittoria del secondo Europeo della storia azzurra, accaduta solo dodici mesi fa. Vittorie pienamente presenti nella nostra memoria, ma che vale la pena rievocare, non fosse altro che per rivivere, anche a distanza di tempo, indimenticate emozioni.
Quella azzurra del mondiale di Spagna fu una vera epopea, che racchiuse tutto. In un momento difficile della nostra Nazione sembrava che quella squadra dovesse perpetuare lo sconforto. Vilipesa e dileggiata alla partenza, con un uomo ben preciso nel mirino: il CT, Enzo Bearzot. Aveva la forza del suo carattere, però, della sua terra, che lo faceva incedere sicuro e tranquillo, incurante del fuoco soprattutto “amico”. E i suoi ragazzi, quelli che sarebbero diventati “i figli di Bearzot”, lo seguivano ciecamente, dal decano, capitano Dino Zoff, di solito taciturno ma qui ciarliero per richiesta, al solare Gaetano Scirea, dal funambolico Bruno Conti al redivivo Paolo Rossi.
Le prestazioni si susseguirono in un crescendo rossiniano, prima in tono minore, nella prima fase di qualificazione, con tre anonimi pareggi contro Polonia, Perù e Camerun che, oltre alle roventi polemiche, schiusero all’Italia il cammino più impervio possibile, con avversari nella seconda fase l’Argentina campione uscente con Diego Armando Maradona stella in campo, e il Brasile campione in pectore, che aveva incantato tutti con il Futebol Bailado, guidato da Zico, dal Doutor Socrates, da Paulo Roberto Falcao, l’”ottavo Re di Roma”.
Dopo il Medio Evo arriva il Rinascimento, è la nostra Storia, e rispettando questo canone gli azzurri divennero araba fenice e risorsero dalle ceneri in cui erano stati prematuramente e incautamente trasformati, prima superando gli argentini, poi i brasiliani, al termine di un match memorabile, con Rossi mattatore. Il resto, la semifinale con la Polonia e la stessa finale con la Germania Ovest, l’11 luglio del 1982, furono solo il suggello all’impresa, il trasportare un intero popolo dall’oscurità alla luce.
Quasi quarant’anni dopo, è toccato ad un altro gruppo di azzurri conoscere l’apoteosi. Lo scenario è quello dei campionati Europei, quasi mai felici per i nostri colori, qui si chiedeva di uscire fuori da una crisi prettamente calcistica ad un manipolo di giovani, sapientemente guidato da Roberto Mancini. Proprio la gioventù, e l’inesperienza, hanno fatto sì che il cammino fosse quasi inverso rispetto alla vittoria del mondiale spagnolo: brillanti e spumeggianti nella prima fase, i ragazzi di Mancini, soffrono nella seconda con il crescere delle responsabilità, superando ai supplementari l’Austria e di misura il Belgio, la Spagna ai tiri di rigore in semifinale, prima di ritrovarsi nella finale di Londra a Wembley contro i padroni di casa dell’Inghilterra.
L’andamento del match fu, per la verità, in crescendo per gli azzurri, ma anche qui si arrivò alla soluzione dei rigori, dove si erse protagonista Gigio Donnarumma, che contribuì, l’11 luglio del 2021, a ghermire l’ambito trofeo 53 anni dopo l’unica volta precedente.
Poi la vittoria non ci ha consentito di uscire dalla crisi tecnica, l’Italia non si è qualificata per il mondiale del 2022, ma quella gioia resta. Come resta l’11 luglio, ad accomunare, per sempre, “i figli di Bearzot” e i “ragazzi di Mancini”, in un giorno che sarà per sempre il giorno degli Azzurri.
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