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L'Arte della rovesciata

Spesso ci si domanda su quali siano i fattori capaci di far amare una disciplina sportiva, non come atleti o praticanti, ma come semplici appassionati.

Il piacere della vittoria, naturalmente, il gusto di primeggiare identificandosi in questa o quella squadra, questo o quell’atleta, anche l’appassionarsi al tentativo del più debole che tenta di primeggiare sul più forte, una opposizione al destino scritto che attira l’identificazione nel perdente per andare contro il “sistema”.

Molte volte, però, ci si appassiona ad una disciplina sportiva per la bellezza dei gesti che può regalare: un esercizio di ginnastica compiuto con leggiadria, la perfezione nella corsa di un centometrista, il colpo ad effetto di un tennista. È più semplice ritrovare questo in sport individuali, in cui l’autore è facilmente identificato come l’esecutore di questo o quel gesto tecnico, più difficile trovare la stessa bellezza artistica in sport di squadra.

Prendiamo, ad esempio e non casualmente, il calcio, il nostro sport nazionale e probabilmente quello più conosciuto e seguito a livello planetario. Chiaro che anche qui, seppur più rari, si possono trovare gesti tecnici eccezionali che funzionano per colpire l’immaginario collettivo e  identificano quell’atleta, se il gesto è ripetuto e ricercato più volte.

Ancora abbiamo negli occhi la “maledetta” di Andrea Pirlo, la punizione imprendibile, o il tiro “alla Del Piero”, con il colpo a giro che si spegne nell’angolino alto alla sinistra del portiere, o, ancora, l’elastico di Ronaldinho o i dribbling di Lionel Messi. C’è, in questo campionario di grandi gesti calcistici, uno che colpisce in maniera particolare l’immaginazione dei tifosi: la rovesciata.

Elevarsi di spalle alla porta, sfidare la gravità arrivando con i piedi là dove forse nemmeno con la testa sarebbe possibile, riuscire in disequilibrio ad impattare il pallone dandogli la giusta forza e traiettoria, chiudendo la sua corsa alle spalle del portiere, il più delle volte incolpevole ed impotente di fronte alla efficacia del gesto.

Questi sono gli ingredienti che racchiudono la pura arte calcistica. Molti gol realizzati in questo modo hanno caratterizzato la storia del calcio, alcuni in particolare sono entrati nel mito: dalla rovesciata di Carletto Parola, imperituramente effigiata sulle Figurine Panini, a quella di alcuni anni fa, quando Wayne Rooney decise un derby tra il Manchester United allora ancora di Sir Alex Ferguson e il City guidato da Roberto Mancini, genialate calcistiche affiancate da una rovesciata mitica anch’essa ma appartenente al mondo di celluloide, quella di O’ Rey Pelè in “Fuga per la vittoria”, gesto tecnico vero in un contesto di finzione, che strappò l’applauso alla troupe così come al maggiore Karl Von Steiner, interpretato da Max Von Sydow, che scattò in piedi ad applaudire estasiato alla prodezza del brasiliano.

Come anche ha fatto il pubblico di Torino di fede juventina, ma l’appassionato di calcio di qualsiasi latitudine, di fronte alla prodezza di Cristiano Ronaldo nel match dei quarti di andata di Champions League tra Juventus e Real Madrid. Il portoghese veramente è stato capace di cesellare un tocco artistico andando ad indirizzare il pallone all’angolino alla sinistra di Gigi Buffon, che poteva solo guardare, bissando il primo gol che già di per sé era stato una prodezza, anticipando il groviglio umano formato da Karim Benzema e Giorgio Chiellini, chiudendo in rete la traiettoria del pallone all’alba del match.

Poi questa rovesciata, che assiede il portoghese nell’Olimpo dei Campioni, con il suo coricare nell’aria il corpo scultoreo, con la perfezione del colpo che fa capire perché il calcio è Arte oltre che passione, estasi da “sindrome di Stendhal”, Arte che va al di là del tifo e del colore sportivo, che si arrampica nell’Empireo, rendendo reali i sogni.

 

 

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