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Marco Olmo, un ragazzino di 65 anni

In genere, per chi si accosta per la prima volta al mondo delle corse a piedi, ma spesso anche per chi la corsa,

sia pure a livello amatoriale, la pratica da tempo, il sogno, più o meno nascosto, è quello di correre, e se possibile portare a termine, una maratona, 42 km e 195 metri, meglio ancora se a New York, Boston o Berlino, per citare solo quelle più note al grande pubblico. Eppure c’è un uomo che, pur amando la corsa più di se stesso, disdegna la maratona e le sue folle oceaniche, per dedicarsi a qualcosa di… più impegnativo: le cosiddette ultratrail, diciamo dai 100 km in su, possibilmente su strade non asfaltate, ricche di salite o tra le sabbie di un deserto sterminato. Il suo nome è Marco Olmo, “ragazzino” di 65 anni, 66 kg per 181 cm, tesserato con l’ASD Roata Chiusani, considerato uno dei maggiori  specialisti mondiali di corsa estrema. Nato ad Alba nel 1948 e giunto alla corsa relativamente tardi (27 anni), dopo aver fatto il contadino, il boscaiolo, l’autista di tir e, fino ai 53 anni, il manovratore di bulldozer, Marco, dopo una breve parentesi nello sci di fondo, si fa stregare dalle ultramaratone e dal deserto in particolare. Dal 1996 ad oggi, tralasciando i piazzamenti, per lui parlano le vittorie: Gran Raid du Cro-Magnon (Italia-Francia) nel 2001, 2002, 2003, 2004, 2005; Desert Marathon (Libia) nel 1998, 1999, 2000; Dieci Comandamenti (Egitto) nel 2001; Verdon Trail (Francia) nel 1999; Desert Cup (Giordania) nel 2000, 2001, 2002 e 2003; Runiceland (Islanda) nel 2010. Senza contare 17 partecipazioni alla Marathon de Sables (Marocco), con miglior piazzamento un doppio  3° posto nel 1996 e 1997. Inevitabile domandargli il ricordo più bello: «Per me - risponde in un’intervista di qualche tempo fa - corrisponde alla prima Desert Cup, (anno 2000, 168 km attraverso il deserto del Giordano) a cui ho partecipato; la cosa che mi è più rimasta impressa è stata il tifo della gente (raro vederne in queste manifestazioni) durante il passaggio nei villaggi con la gente assiepata ai bordi che mi incitava. Che poi l'abbia vinta, come le tre successive, è stato ancora  meglio!». E’ questo Marco, un “lupo solitario” che non va a New York perché c’è troppa gente, che rifugge gli sponsor, si cura i malanni da solo e, in casi eccezionali, ricorre all’agopuntura o al pranoterapeuta. Il suo segreto? Alcuni dicono la sua alimentazione tutta particolare. Divenuto vegetariano a 37 anni su consiglio di un naturopata, oggi la sua è diventata una scelta di vita, molto vicina al veganesimo, filosofiabasata sul rifiuto di ogni forma di sfruttamento degli animali (per alimentazione, abbigliamento, spettacolo e ogni altro scopo). A noi piace semplicemente pensarlo come un uomo puro, con l’anima un po’ naïf,  che è riuscito a non farsi fagocitare da  una società supertecnologica e tecnicizzata, i cui unici stimolanti energetici sono… quelli dei nostri antenati: patate, castagne, pane, pasta, polenta, un po’ di formaggio, come condimento olio extravergine d’oliva. Con buona pace delle industrie di integratori e bevande energetiche.

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