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Re e Regine

Ci sono dei luoghi, per uno sportivo, che assumono l’aura del sacro, stadi o arene che rappresentano l’essenza della disciplina che si segue, posti che almeno una volta nella vita bisogna aver frequentato, da spettatori, protagonisti o comparse.

Si pensi all’atmosfera magica di stadi come “Wembley” a Londra, il “Santiago Benabeu” a Madrid, il “Camp Nou” a Barcellona, il “Maracanà” a Rio de Janeiro o il “Meazza” a Milano. O alle emozioni che si vivono sugli spalti dello stadio di “Twickenham” a Londra assistendo ad un match di rugby. O alle mille e mille suggestioni che possono suscitare luoghi famosi o meno ma legati a qualche grande prestazione sportiva.

Nel tennis c’è Wimbledon. Nessuno può definirsi vero appassionato di tennis se non ha assistito almeno una volta ad un match di questo grande torneo, nessuno può definirsi veramente un tennista se non ha calcato almeno una volta l’erba del Campo Centrale, o anche di un campo periferico. Il torneo più antico del mondo regala suggestioni dal 1877, campioni su campioni si sono succeduti nell’albo d’oro: in ordine sparso, in tempi recenti, Biörn Borg, Pete Sampras, John McEnroe, la grazia di Martina Navratilova, Chris Evert, Steffi Graf, le sorelle Williams.

L’ultima edizione ha visto vincente per la seconda volta nella sua carriera il serbo Novak Djokovic al termine di una lunga ed estenuante battaglia contro Roger Federer che, non ce ne voglia il vincitore, è, pur perdente, il vero protagonista di questa finale. Lo svizzero, ormai, è al canto del cigno di una carriera eccezionale, non partiva favorito contro il più giovane avversario ma ha saputo tenergli testa fino all’ultimo game dell’ultimo set: una delle rare volte in cui anche una sconfitta può rappresentare una degna chiusura dell’attività agonistica.

Detto della vittoria, facile e con poca storia, della ceca Petra Kvitová sulla canadese Eugenie Bouchard, una volta tanto anche il nostro tennis può gioire per una vittoria sui prestigiosi campi londinesi, quella del doppio femminile.

 

Da tempo Sara Errani e Roberta Vinci ci stanno, e si stanno, regalando soddisfazioni e vittorie, dal Roland Garros agli Open d’Australia, ma Wimbledon mancava. Ora la lacuna è stata colmata: poco hanno potuto l’ungherese Timea Babos e la francese Kristina Mladenovic, è bastata meno di un’ora alla coppia italiana, troppo forte la voglia di vittoria, troppo forte il piacere di iscrivere per la prima volta il proprio nome nell’albo d’oro di Wimbledon, portandolo, insieme con quello dell’Italia, per la prima volta nella leggenda del tennis.

 

 

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